Taggiasca
Il germoplasma olivicolo ligure si compone di diverse cultivar – la Pignola, nella provincia di Genova; la Razzola, in quella di La Spezia; la Mortina, nelle province di Savona e Genova; la Colombaia, in quella di Savona; e infine la Rossese, nelle province di Genova e Savona; e altre ancora – ma è la Taggiasca, su tutte, che oltre a dominare significativamente negli oliveti dell’Imperiese e del Savonese, si è imposta nei secoli quale cultivar più rappresentativa della Liguria.
Una cultivar che in tutta la regione, nel linguaggio comune di tutti i giorni, si declina al plurale. Si dice infatti Taggiasche, non a caso, proprio perché esaminando il Dna della pianta, si scopre che ve ne sono diverse, sotto lo stesso nome. E quale cultivar, allora, eleggere a simbolo della Liguria, pur con i suoi circa trenta ecotipi di olivi, se non quella che rappresenta alla perfezione l’anima plurale dei liguri, quella che convive con un’altra cultivar molto nota nel mondo, la Frantoio, da cui tutto ha avuto origine. Secondo alcuni studi recenti, condotti su base molecolare, esiste una stretta vicinanza genetica con il genotipo Frantoio, varietà ormai diffusa in tutta Italia e nel mondo, e che possiamo considerare la “cultivar madre”, quella che, per intenderci, i monaci benedettini introdussero in Liguria.
In realtà la pianta dell’olivo nella regione era presente sin dal tempo dei Fenici, poi venne il tempo degli antichi Romani, che ne incrementarono sensibilmente la coltivazione, solo che a seguito della caduta dell’Impero, la coltivazione subì un drastico stop, e ci pensarono in particolare i monaci, con le loro tenute annesse alle abbazie, a riprendere, e seguire con la massima cura, la coltivazione degli olivi.La grande svolta risale dunque all’età altomedioevale, con piantumazioni effettuate sia in prossimità della costa, sia nell’entroterra. Tutto ciò, tra l’altro, è ampiamente documentato. Ciò che è certo, è che senza i monaci, non ci sarebbe l’olivicoltura ligure così come la conosciamo oggi.
Questo testo è tratto dal Settimo capitolo del libro “Una famiglia per l’olio” di Cristina e Federico Santagata in occasione dei 110 anni della loro azienda, pubblicato da Olio Officina Edizioni.