Virtù italiana

Virtù italiana

Durante la campagna olearia, nei mesi di ottobre e novembre, arriviamo ad assaggiare fino a venti o trenta campioni di olio al giorno, studiando i blend che abbiamo creato e apportando le necessarie correzioni del caso. Come avviene per il vino, il whiskey, il caffè, e anche per il cioccolato, si parla di blend quando si accostano due o più prodotti con caratteristiche diverse e con l’obiettivo di realizzarne uno capace di esaltare e valorizzare i pregi di ogni componente. Tra gli addetti ai lavori, è risaputo che il blending è una virtù distintiva per il comparto oleario nostrano, e l’Italia, d’altra parte, vanta storicamente i migliori professionisti del settore. Dal punto di vista storico, nel nostro Paese si sono eseguite miscele sin da quando si è cominciato ad usare l’olio per scopi alimentari: a fronte di produzioni locali insufficienti (in Italia abbiamo centinaia di cultivar di quantità ridotte e connotate), abbiamo imparato a comporre produzioni che arrivavano da luoghi diversi facendo in modo di realizzare oli capaci di incontrare al meglio il gusto dei clienti nei diversi mercati nazionali e internazionali. Il blend è un argomento di per sé affascinante, di cui però si parla sottovoce, perché troppo spesso collegato a processi poco limpidi, eseguiti per camuffare oli di bassa categoria. In realtà, il blending è un’arte vera e propria, che richiede un importante lavoro di progettualità e creatività, accompagnato da una profonda conoscenza dell’olio. Salvaguardare la capacità italiana di fare blending, è una tra le sfide più significative del settore oleario di oggi. Gli Italiani hanno inventato l’arte dell’assaggio e le declinazioni del gusto, è bene dunque rivalutare anche la nostra capacità di saper creare blend di altissima qualità.

Questo testo è tratto dal Secondo capitolo del libro “Una famiglia per l’olio” di Cristina e Federico Santagata in occasione dei 110 anni della loro azienda, pubblicato da Olio Officina Edizioni.

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